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2018

LE RÊVE DU CORPS

2018

GALLERIA CALLE DELLA FENICE -Venezia Appuntamento sabato 6 maggio alle ore 18.00 con la performance ideata da Elvezia Allari LE RÊVE DU CORPS ( IL SOGNO DI UN CORPO) Presenta François Bruzzo Musica Konstantinos Papoutsis

POIESIS

Cosa scaturisce dal burqa contemporaneo —originale interpretazione di ciò che la Mernissi ci ha insegnato a chiamare il burqa dell’Occidente— intrecciato con silicone da Elvezia Allari proposto nelle foto di Beatrice Zambon ?
Questa collaborazione tutta al femminile ci getta in un vespaio di questioni che agitano le nostre società composite, dove il dominio maschile sia esso espressione di un testo sacro (vedi versetto 31 sura 24 e versetto 59 sura 33 del Corano) o delle mitologie moderne contemporanee del corpo viene rinforzato, quando non rimpiazzato, dal dominio androgino del mercato secondo il quale non solo il corpo si vende ma fa vendere e perciò diventa eleggibile e leggibile solo se risponde alle leggi della seduzione commerciale, si tratti del corpo della donna o di quello dell’uomo, o del bambino.
Il polemico burqa avvolgente eppure trasparente, traspone il silicone da protesi a reticolato ed inferriata che ostacola lo sguardo ma non del tutto vela e lo vieta. Esso viene qui abbinato ad uno scenario sacro in cui il corpo non posa ma s-posa secondo una sottile rivisitazione di un immaginario cristiano e mistico, de-posa secondo il modello della deposizione che fa da fondale alla scansione del porticato di un noto luogo di pellegrinaggio e devozione alla Madonna, urtando l’una contro l’altra due concezioni opposte dell’Occidente.
Il corpo parla e dice molto di più di quanto ne sappia il soggetto, di colei o colui che enuncia “questo è il mio corpo”, immaginando di esserne padrone fino al punto di pensare di poterlo gestire come se si trattasse di un mero oggetto, di uno strumento da piegare e usare per intervenire sul mondo esterno. Il corpo così assoggettato viene assorbito dall’immaginario della tecnica, intelaiato in modo ingannevole in essa per facilitarne la manipolazione e teorizzarla.
Che si tratti delle tecniche della seduzione o dell’addestramento del corpo ad una pratica sportiva, della sua falsificazione attraverso le più varie pratiche della contraffazione per adeguarlo ai canoni della bellezza e della moda, mediante la chirurgia estetica per modificarne le sembianze di un viso, con l’innesto di protesi per ridisegnare un seno o cancellarvi gli effetti dell’età e della lenta scrittura del tempo, l’imbrigliamento del corpo è l’enunciato di una sua concezione tecno-cartesiana che lo sposta verso l’inorganico. Salvo poi le pieghe e le increspature che riportano la sua natura organica al centro dell’attenzione, irrompendo in modo inarrestabile nel visibile al punto che il soggetto manipolatore, vedendo sciogliersi lo “specchio delle sue brame”, il costrutto composito della sua immagine per se e per gli altri, possa desiderare di rifugiarsi lontano dalla sfera del pubblico come un animale ferito che cerca riparo nelle parti più nascoste della foresta.
Di contro questo disperato tentativo d’imbrigliamento e di assoggettamento tecnico e magico del corpo si è sottratta la concezione mistica dove invece l’organismo viene strappato all’ordinamento e ad ogni diktat della mente, per diventare esso stesso “mentale”, ovvero colui che sa e fa, che non è mio perché parla da un altro luogo, si affida all’Altro e diventa sua trasparente parola, sua icona. Dalla vuota onnipotenza dell’io che lo vuole foggiare ed immaginare in accordo col proprio desiderio formale simile a quello di un Pigmalione agli ordini di Narciso, esso si apre all’imprevedibile arte dell’Altro, alla sua illeggibilità, le sue sgrammaticature, il suo de-posare che è anche un depositarsi come uno straccio su un marciapiede, trasformando la forma in groviglio, in deforme deposito organico, espulso ai margini del visibile delle nostre città e della nostra percezione del mondo.
L’intreccio di silicone diventa ammasso sotto la spinta inarrestabile del corpo che è tornato a parlare affidandosi senza remore al divenire che è pure abbandono e sofferenza, informe scrittura del tempo e dell’accadere, da leggere senza legificazione. Poiésis.
François Bruzzo

La Collettiva WUNDERKAMMER UNO a cura di Adolfina De Stefani prosegue fino al 7 maggio 2017 dal mercoledì alla domenica dalle 15.00 alle 20.00

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