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ARCHEOBOTANICA
Elvezia Allari
Azione poetica: Elisabetta Cortella
Testo: Francois Bruzzo
Voce: Chiara Bortoli
Video: Fiorenzo Zancan
Di notte
l’estremo dolore scrive con polvere del suolo
segni come ferite scavate nella vita.
Così l’argilla diventa pelle per l’anima
con graffi, tagli o incavi fissati in scrittura dal fuoco, segni di civiltà antiche
depositati nelle ossa del tempo come moniti astrali, o fiori arcaici issati fino al nostro
momento dal suolo che tutto conserva,
e a volte assomiglianti a monili smarriti dalle madonne mute che ora dormono a
l’ombra di capitelli romanici tra le colonne delle cattedrali.
Accarezzerà la nostra pelle quel glifo che narra della nascita di un desiderio celeste e
leggero che corre sotto un tessuto di nuvole,
prima che lo spettro di luce si faccia carne nella vaghezza della visione,
sulla soglia fra sonno e risveglio,
quando l’alba annuncia l’ascesa dell’allodola sopra la terra appena mossa
del campo ora arato dal sole.
O sono solo comparizioni lunari?
Come chicchi di grano che diventeranno steli e daranno di nuovo grano,
i segni criptati diventeranno semi per nuovi significati.
In questo modo, fiori primitivi di giardini immaginati come scomparsi nei labirinti
della nostra mente, germoglieranno nelle serre ancestrali che custodiscono semi
immemoriali.
E già profumeranno nel tintinnio lontano di cocci sparsi che passi esitanti faranno
risuonare.
È vita dissepolta che torna a danzare.
François Bruzzo