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2004

2004

B. Mazzocato

T-contagio, catalogo della mostra (Galleria Biosfera)

Vestiti d’ironia
Come attraversare le strisce pedonali senza avere il dubbio di essere investita, il mio bikini salva/gente, per una serata senza scoth-attori, il mio abito di Natale, abbottonata a te per sempre, non sono i titoli di vignette tanto meno di sketch di cabaret. Sono gli appellattivi autoironici delle creazioni in silicone di Elvezia Allari, brillante artista vicentina. Con il suo abito intitolato “aspettando il tuo ritorno a casa” s’era già fatta notare nei mesi scorsi a MEstre, a Forte Carpanedo, dove ha partecipato ad “Asso Expo” fiera dell’associazionismo culturale edizione incentrata al tema del soldato; ultimamente aveva esposto anche ad Arte Fiera Vicenza, nelle vetrine di Coin, riscuotendo un notevole successo e fino al 19 Giugno scorso la Allari ha presentato le sue esilaranti invenzioni siliconate con gioielli in oro e argento della creatrice vicentina Elena Gastaldon in una insolita cornice, quella di un salone d’auto di Vicenza. Concessionaria d’auto che compie 50 anni e ha voluto, con questa iniziativa, rendere più interessante e divertente la visita per i clienti, soprattutto se donne quindi relativamente interessate ai motori, come spiega la titolare Elisabetta Giacometti.
Mi piace giocare con il doppio senso, dando i titoli ai miei abiti, rivela Elvezia, che è nata a Schio nel 1965, ha frequentato l’istituto d’arte sezione ceramica di Nove, qualifica di operatrice di restauro architettonico pietre e affresco. “Il bikini salva/gente” in silicone galleggia e quindi ha una doppia funzione, di costume e salvagente… l’abito piatto intitolato “appesa al tuo specchio” può essere appeso ad una finestra come una tenda, lasciando filtrare la luce dei trafori creati dal silicone (merletto del terzo millennio), che controluce sembra quasi di cristallo. Altri abiti doppi possono essere utilizzati come paralume. Le borsettine possono essere tranquillamente usate e lavate con acqua e sapone; ion discoteca sono adirittura fluorescienti. Divertentissima è quella intitolata “esco di casa con la scusa di attaccare bottone”, in pandant con l’abito realizzato con bottoni originali anni 50.
Quasi commovente è “il mio abito di Natale”, con tanto di lucine che si accendono ad intermittenza e delicati fiori bianchi: “è una mia creazione sempre in tema con le tradizioni, dice, ma è pensando secondo il mio modo di concepirle e viverle. Se fossi vissuta 40 anni fa, lo avrei fatto con altri materiali. Il silicone oggi mi sembra il materiale più adatto per esprimermi. Ma prima di arrivare al silicone si è confrontata con altri materiali poveri, di recupero: tavelle, trasformati in formelle, ombrelli rovesciati e spogliati della tela, ruote di biciclette convertite in giostre…
Trasfigura forme consuete dà anima a materiali freddi che in uno spazio riescono poi a segnare una silenziosa presenza. Ma Elvezia Allari è attenta anche all’evoluzione sociale dei comportamente e in quello che realizza vuole esprimere fondamentalmente un pensiero, “l’abito con i catarinfrangenti e gli specchietti attaccati con il silicone e la gonna in tulle plisse bordata di paillettes l’ho concepito pensando alle donne che attraversano la strada, magari con le borse della spesa e che se gli automobilisti si fermano, devono anche ringraziare perchè hanno anche evitato di schiantarsi al zuolo, cose che negli altri paesi europei non accadrebbe, spiega l’artita, che ha lavorato anche con alcune compagnie teatrali. Davvero originali e stravaganti sono poi i suoi monili, sempre in silicone con inclusione di pietre di vetro, tessere di mosaico in foglia d’oro. I bracciali si chiamano “Accompagnatori”, “porto a passeggio il mio budino”, “i collier”, “affinchè tu mi possa prendere per l’affusolato collo”.
Ci tengo a dirlo, non ho una visione femminista della vita, anzi, l’esatto opposto. Con le mie creazioni voglio instaurare un dialogo con l’osservatore maschile, magari attraverso un altro canale, che può essere quello ludico. Dobbiamo continuare a confrontarci con l’uomo, altrimenti noi donne perderemo la nostra identità. Le donne da sole non vanno da nessuna parte, conclude Elvezia Allari che lavora a Vicenza nel suo laboratorio-atelier di Vicenza. 338-1744973
Fiorenza Conti
(Il Mattino di Padova – giugno 2004)
(La Tribuna di Venezia – giugno 2004)
(Il Gazzettino – giugno 2004)

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